Per arrotondare fuori dal periodo degli esami avevo deciso di cercarmi un lavoretto: e quello di barista in un locale del centro mi era sembrato perfetto. Eravamo in tre a lavorare al bancone: io, Miguel, un ragazzo sudamericano con qualche anno più di me, e Anna, che era la più vecchia di tutti.
Anna ci aveva provato con me, ma io non avevo occhi che per Miguel: bellissimo, con quel fascino latino che mi lasciava a bocca aperta. Avevo provato a lanciargli qualche timido segnale, che però era caduto nel vuoto.
Finché una sera, dopo che avevamo finito il turno insieme e chiuso il locale, mentre ci stavamo cambiando in quella specie di sgabuzzino che doveva essere lo spogliatoio, avevo deciso di fare la mia mossa.
Per infilarmi la maglia, dopo aver tolto quella con il logo del locale, avevo abbassato i jeans fin quasi al ginocchio: e mi ero assicurato che Miguel vedesse lo stretto perizoma che si perdeva all’interno dei miei glutei.
Nessuna reazione: si era limitato a chiacchierare della giornata di lavoro e di quello che avrebbe fatto dopo la chiusura. Mi era andata male. Il giorno successivo, in uno dei rari momenti di calma, avevo affrontato l’argomento senza giri di parole.
“Immagino che tu abbia visto quello che ho sotto i pantaloni e spero non sia un problema per te.”
Miguel mi aveva risposto con una risata.
“Figurati: a me piacciono le donne, ma rispetto tutti i gusti. Non ti devi preoccupare, non sono uno che va a raccontare in giro i fatti degli altri.”
Almeno da quel punto di vista potevo stare tranquillo, anche se Miguel probabilmente non era una preda adatta alla mia caccia. Mi ero tranquillizzato e la serata era passata senza particolari problemi.
Quando stavamo per uscire avevo sentito il padrone del locale che mi chiamava dal suo ufficio: era lui a chiudere tutto, quando noi ce ne eravamo già andati.
“Marco, passa un attimo da me prima di andare via.”
Non capivo cosa potesse volere: speravo non ci fossero problemi, il lavoro sembrava andare bene e quei soldi in effetti mi servivano. Quindi ero entrato nella sua stanza con un po’ di timore.
Il signor Giacomo mi aveva sorriso e mi aveva fatto cenno di accomodarmi: doveva andare per i sessanta, forse un po’ di più, ma in buona forma. Un buon datore di lavoro, nel complesso: forse non avevo nulla da temere.
“Ho visto quello che è successo tra te e Miguel l’altra sera. Anzi, quello che non è successo. Direi che lui non è interessato a quello che tu hai da offrire. Invece a me interessa molto.”
Il sorriso sul suo volto si era trasformato in un’espressione piena di sottintesi e di malizia: avevo provato a giustificarmi con una scusa banale.
“Ma guardi, signor Giacomo, che è stato tutto un errore: si tratta di uno scherzo che dovevo fare a un’amica, Miguel ha visto per caso.”
In effetti come scusa non sta proprio in piedi e il signor Giacomo mi aveva risposto con una risata.
“Guarda che non devi vergognarti: anzi Miguel non sa quello che si perde. Perché un bel ragazzo come te, con quei riccioli scuri, non è mica facile da trovare.”
Mi sentivo in enorme difficoltà: il signor Giacomo era un bell’uomo, ma era anche il mio datore di lavoro. Oltre a non essere etico, mi poteva creare delle difficoltà. Ma sembrava intuire perfettamente cosa mi stesse passando per la testa.
“Non preoccuparti, non cerco una relazione, ho già mia moglie che mi basta e mi avanza. Però potrebbe essere l’occasione per divertirsi un po’, tutti e due. E ti potrebbe essere utile, lavorando qui.”
Anche se la sua voce era suadente, era suonato un po’ come un ricatto: in effetti il lavoro mi serviva, non avevo voglia di cercare altro. E potevo unire l’utile al dilettevole, nonostante la differenza di età. Nulla mi avrebbe impedito poi di provarci ancora con Miguel, che magari prima o poi avrebbe ceduto.
Non potevo però cedere così facilmente: dovevo girare in qualche modo la situazione a mio vantaggio.
“Sicuro che non lo saprà nessuno, signor Giacomo? Non vorrei problemi, soprattutto con sua moglie.”
“Basta con queste formalità, per te sono solo Giacomo: e puoi stare sicuro che mia moglie non ne saprà niente, come i tuoi colleghi. Rimarrà un segreto tra te e me.”
Era proprio quello che volevo sentire: un segreto che mi sarebbe potuto tornare molto utile. Quella situazione in un certo senso mi eccitava: era cominciata come un ricatto, ma ero io a essere nella posizione di potere. E alla fine, sarebbe comunque stato un svago interessante, anche perché era diverso tempo che non facevo sesso con nessuno.
Giacomo aveva interpretato il mio silenzio come un assenso: si era alzato dalla scrivania ed era andato a chiudere la porta della stanza, per essere sicuro che nessuno ci disturbasse. Poi mi si era avvicinato, mettendomi le mani sulle spalle.
Piegandosi verso di me aveva iniziato a baciarmi il collo: aveva un buon profumo, sicuramente aveva preparato questo incontro con la massima cura. Le sue mani erano scivolate davanti, sul mio petto: sentivo che cercava di stringere la pelle sotto la maglietta, mentre il suo volto era direttamente sulla mia testa, in mezzo ai miei capelli.
Lo avevo lasciato fare, godendomi tutte le sue attenzioni: ma l’eccitazione mi era salita e mi era venuta voglia di partecipare attivamente. Mi ero sottratto alla sua stretta per alzarmi dalla sedia e girarmi verso di lui.
Poteva essere mio padre, vista la differenza di età, ma in quel momento non mi importava: gli avevo slacciato i bottoni della camicia, per poi scendere ai pantaloni. Avevo slacciato la cintura lentamente, come una tortura sottile, approfittando per controllare la sua eccitazione: che si faceva sentire, come una dotazione che doveva essere davvero interessante.
I pantaloni erano caduti sul pavimento, quindi avevo infilato un dito nell’elastico dei boxer, arrivando ad accarezzare la pelle nuda.
“Direi che ti piaccio davvero tanto Giacomo. Perché non mi fai controllare da vicino?”
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