Vincere subito dopo la laurea un concorso in un ente pubblico è un sogno: come un 6 al superenalotto. Ed era capitato proprio a me. Con un unico piccolo problema: mi sarei dovuto trasferire, lasciando finalmente la casa dei miei genitori.
Dove in realtà stavo abbastanza bene, anche se mio padre era fin troppo rigido e serio: in fondo avevo cibo garantito, bollette pagate e pulizie fatte. Ma il destino era di spostarmi e non potevo rinunciare a un’occasione come quella.
Avevo preso un appartamento in affitto: un bilocale, tanto per stare più comodo e perché i prezzi in quella zona erano abbastanza contenuti. E avevo completato il trasloco nel giro di pochi giorni, grazie anche all’aiuto di mamma, che si era rivelata preziosa.
In effetti aveva fatto le pulizie e mi aveva sistemato gli armadi e la dispensa: partendo così, me la potevo cavare. Appena finiti i lavori mi aveva detto che si sarebbe fermata per il fine settimana.
“Almeno vedo se hai bisogno di qualcosa e mi prendo un po’ di respiro da tuo padre.”
Per festeggiare tutte le novità eravamo andati a cena fuori: cena a base di pesce, accompagnata da un vino bianco frizzante che dava alla testa. E in effetti a fine serata ridevamo come matti per ogni semplice cosa.
Eravamo rientrati, accaldati dal vino e dalle temperature quasi estive: mamma aveva deciso di non preparare il divano letto. Avremmo dormito nella mia camera, tanto non c’era nulla di male, ed era più fresca.
Mi ero steso sul letto con indosso solo i boxer e giocare un po’ con il telefono, quando lei era entrata: aveva un baby doll nero un po’ troppo trasparente, che le copriva a stento il culo. E metteva in risalto il seno: lo sapevo che era bello, ma non lo avevo mai osservato con tanta attenzione.
“Questo lo tengo nascosto, perché di sicuro tuo padre non approverebbe. Davvero a volte è troppo noioso.”
Avevo annuito, senza dire nulla: ero rimasto incantato dalla curve e dalle trasparenze, perché sotto il vestitino, mamma non indossava assolutamente. Forse per il caldo, forse per qualche altro motivo.
“Hai una ragazza? Ricorda che mammina è un po’ gelosa, ma che ti devi divertire, non come me che ho avuto solo tuo padre. E ora è tardi per recuperare.”
Anche questa volta non avevo risposto: la mia attenzione era attirata da quello che vedevo in mezzo alle gambe di mamma. Un bel cespuglio di pelo scuro: così diverso dalle ragazze con cui ero stato, che si depilavano completamente.
Quel pelo mi piaceva, avrei voluto affondarci la faccia e la lingua per sentire il profumo e il gusto. E, nonostante il vino, anche il mio uccello aveva voluto mostrare il suo apprezzamento, cominciando a irrigidirsi.
“Ma che bel cosino che abbiamo qui.”
Mamma aveva allungato la mano sui boxer, che non riuscivano a nascondere l’erezione: che si era fatta ancora più intensa grazie al tocco della sua mano. Che non si era fermato a una semplice carezza, ma aveva cominciato a farsi più insistente e deciso.
Doveva essere davvero brilla: come me visto che l’avevo lasciata continuare e mi ero goduto quel massaggio intimo. Pensando che la cosa finisse lì, uno scherzo andato un po’ oltre. Invece, con un movimento rapido, mamma aveva infilato la mano nell’apertura del boxer e mi aveva stretto l’uccello con le dita.
“Decisamente non hai preso da tuo padre, che ce l’ha piccolo e sempre un po’ mollo. Qui invece sento un bel cazzo duro.”
Dalle carezze eravamo passati a una sega vera e propria: e decisamente ben fatta, nonostante l’impedimento della stoffa. Mi ero lasciato ricadere indietro sul letto, con l’intento di godermela fino in fondo, ma mamma quella sera non aveva finito lì.
“Perché non fai contenta un po’ la tua mammina, come fai con le altre ragazze? È un bel po’ che non mi scopo un cazzo duro.”
Non aveva aspettato la mia risposta: mi aveva sfilato i boxer e si era sistemata a cavalcioni su di me, iniziando a strusciare la figa lungo tutto il mio uccello. Era già bagnata fradicia, tanto che scivolava senza incontrare attrito. Ed era calda, quasi bollente, già sulle labbra: se non si fosse fermata avrei rischiato di venire così, senza manco mettere dentro la punta.
“Ecco ora è davvero pronto!”
Si era alzata leggermente e lo aveva preso in mano: ancora una massaggio, poi lo aveva puntato diretto all’ingresso della sua figa. Dove era entrato senza fatica, nonostante la dimensione: mi sembrava di essere in paradiso, anche se faceva caldo come all’inferno.
Sentivo il cazzo che scivolava nelle profondità della vagina, avvolto dalle pareti morbide e bagnate. Mamma ci sapeva fare eccome: riusciva ad alzarsi quasi fin a farlo uscire fuori, per poi farlo rientrare tutto dentro subito dopo, con dei movimenti fluidi e veloci.
Mi piaceva essere cavalcato così: non facevo nessuna fatica e mi godevo il piacere. E mi sembrava piacesse anche a lei, a sentire i gemiti che difficilmente riusciva a trattenere. Avevamo le finestre aperte, ma per fortuna nessuno fino a quel momento si era lamentato: magari qualcuno si stava anche godendo lo spettacolo, nascosto dietro una finestra o una tenda.
Le avevo lasciato dettare il ritmo per un po’, poi avevo sentito il bisogno di prendere il comando: non avevo voglia di cambiare posizione, quindi mi ero limitato a mettere le mani sui fianchi, per riuscire a dirigere la sua cavalcata. E, nello stesso tempo, avevo puntato i piedi e piegato le ginocchia, in modo da dare forza alle spinte del bacino.
Avevo iniziato a spingere più forte e più a fondo, schiacciandola sempre di più sul mio uccello e sulle palle. E mamma aveva iniziato a gemere sempre più forte, per mettersi alla fine una mano sulla bocca, come a voler attutire il rumore.
Fino a quel momento ero riuscito a resistere ma quando l’avevo vista così, soffocare l’ennesimo urlo di piacere, avevo perso il controllo: due, tre spinte più forti e le avevo riempito la fica di sperma.
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