Sono passati più di vent’anni, ma per me è impossibile dimenticare quell’esperienza: anche perché è stata davvero l’unica. E anche l’unica volta in cui il sesso mi è davvero piaciuto: dopo è venuto il matrimonio, con un rapporto che già tiepido in partenza, si è man mano spento nella noia e nella routine.
Sono stato tra gli ultimi a fare il servizio di leva obbligatorio: ero rimasto indietro con gli esami all’Università, quindi mi era toccato partire. Si respirava già un’aria da “ultimi giorni”: quindi non avevo subito episodi particolari di nonnismo e i lunghi mesi erano trascorsi in relativa tranquillità.
Tornavo a casa per le licenze più lunghe: nelle libere uscite, invece, uscivo a bere qualcosa con i miei compagni. Quella volta, però, non c’era nessuno con cui passare qualche ora fuori, complice un’epidemia di influenza, quindi avevo optato per un salto al cinema.
Con i miei compagni avevamo già individuato l’unica sala che trasmetteva film per adulti e ci eravamo già andati: ma sempre in gruppo e con l’idea di fare baldoria. Invece quella sera ero entrato da solo: spinto da una strana fantasia.
Ovviamente la trama del film non mi interessava: e mi eccitavano poco anche le immagini che passavano sullo schermo. Quello che ero venuto a cercare era diverso. Avevo notato, quando ero con i miei compagni, che c’erano diversi uomini di mezz’età, soli, che guardavano noi in divisa invece che il film. Sicuramente avevamo il nostro fascino, ma nessuno aveva osato mai fare una mossa: in gruppo eravamo poco “abbordabili”.
Da solo speravo di diventare una “preda” più interessante: quando i miei occhi si erano abituati al buio della sala, che alla fine così buia non era, avevo individuato il mio bersaglio. Un uomo comune, sulla cinquantina: era quello che ci fissava più intensamente, spesso accarezzandosi, fantasticando chissà cosa.
Anche lui mi aveva visto, ne ero sicuro: come segnale della mia disponibilità mi ero spostato nella sua direzione, scalando di qualche poltrona, e avevo aspettato.
La serata era tranquilla: poca gente, ovviamente nessuna donna. Sì, c’era un travestito con una vistosa parrucca rossa, ma molto probabilmente era lì per lavorare. Il movimento che avevo notato nelle sere in cui ero già venuto, con uomini che sedevano vicini, per poi spostarsi verso i bagni, non c’era praticamente più.
Mi ero riscosso dalle mie riflessioni quando avevo notato che il mio uomo si era avvicinato a sua volta: ora ci separavano poche file di poltrone. Avevo finto di dedicare un po’ di attenzione alla pellicola sullo schermo, ma in realtà non lo perdevo di vista. Mi fissava, cercando di non farsi notare troppo, e aveva cominciato ad accarezzarsi, sfruttando il soprabito che aveva appoggiato in grembo per mascherare la sua attività.
Era esattamente quello che volevo: nelle notti in cui non riuscivo a dormire mi ero sorpreso a fantasticare su quell’uomo, su quello che faceva, su quello che gli avrei potuto fare. E queste fantasie mi eccitavano, molto di più di quelle in cui la protagonista era la mia fidanzata o un’altra donna.
In realtà non sapevo come andare avanti, ma l’anonimato e il buio mi avevano dato la spinta giusta: anche io avevo cominciato a toccarmi, sopra i pantaloni della divisa, ma facendo in modo che lui mi vedesse.
La mia azione non era passata inosservata e l’uomo aveva scalato le poltroncine che ci dividevano, per arrivare a sedersi direttamente accanto a me. Per qualche minuto eravamo rimasti così, immobili, finché lui non aveva tentato un timido approccio, appoggiando la sua mano sul mio ginocchio.
Nonostante il tessuto della divisa fosse spesso, il calore emanato da quella mano mi aveva acceso i sensi. Tutto il mio corpo e le mie sensazioni si concentravano su quella mano: che all’inizio era stata ferma, come se si aspettasse di essere scacciata in malo modo. Poi aveva iniziato lentamente a risalire lungo la coscia, avvicinandosi pericolosamente al centro della mia eccitazione.
Ma non era quello che volevo: non volevo nemmeno apparire brusco, quindi mi ero spostato leggermente, in modo che la mia mano potesse raggiungere la gamba dell’uomo. Non era un incastro semplice, nello spazio angusto delle poltroncine, ma ne valeva la pena.
Quando avevo raggiunto il mio obiettivo, la gamba nascosta sotto il soprabito, avevo notato subito come la stoffa dei calzoni fosse sottile, tanto che mi sembrava di percepire il calore della pelle.
Non avevo esitato: a militare mi avevano insegnato che chi si ferma è perduto. Quindi avevo stretto in modo deciso la gamba, cercando di risalire velocemente verso il cavallo dei pantaloni.
Il soprabito era un ostacolo particolarmente fastidioso: e l’uomo sembrava averlo capito, visto che lo aveva spostato dal suo grembo alla poltroncina vicina. Mi aveva fatto cenno indicando la direzione dove si trovavano i bagni, ma avevo scosso la testa: la luce mi avrebbe probabilmente fatto perdere tutto il mio coraggio.
Al buio e con la divisa indosso mi sentivo un’altra persona: senza gli obblighi di tenere fede all’immagine di bravo ragazzo che avevo sempre portato. L’uomo era rimasto interdetto, ma non si era fatto scoraggiare e mi aveva lasciato spazio libero in modo che potessi muovere la mano in modo agevole.
Mi ero fermato a metà della coscia, senza arrivare troppo vicino a quello che realmente era l’oggetto del mio desiderio. Poi avevo preso di nuovo coraggio ed ero risalito, fino ad arrivare al cavallo dei pantaloni.
I pantaloni avevano un taglio morbido, ma potevo sentire lo stesso l’eccitazione dell’uomo al tocco della mia mano. Non avevo indugiato molto, ma ero praticamente sicuro che non indossasse la biancheria intima sotto i pantaloni.
Volevo toccare, ma volevo anche andare oltre: un uomo come me, anche se diverso. Potevo provare a slacciare la cintura, ma avevo preferito fargli capire che se ne occupasse lui: mi tremavano le mani dall’eccitazione.
Lui aveva un po’ armeggiato con i pantaloni, poi finalmente lo avevo visto nudo: mi ero chinato su di lui, per vedere meglio, e le narici erano state invase dal suo odore di maschio. Avevo sentito la sua mano sulla mia testa.
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