Mi piace giocare con il suo corpo: e a lui piace essere il mio giocattolo, il mio servo fedele. L’ho capito dal primo sguardo cosa avrebbe voluto da me: e, anche se non è stato facile all’inizio, abbiamo trovato il modo di soddisfare i nostri desideri.
Lui desiderava essere sottomesso e io volevo dominarlo. Per questo ho deciso di portarlo alla mia altezza, facendogli vivere la mia stessa condizione. È stato un dono prezioso per lui: anche se solo per poche ore, e non troppo spesso, ha potuto provare cosa significa essere completamente alla mercé della sua padrona.
Lui è un uomo grande e forte, quindi ho dovuto chiedere aiuto a un amico esperto: ci voleva qualcosa di particolare dove imprigionarlo, in modo da avere accesso a tutto il suo corpo, nonostante il fatto che io non possa alzarmi dalla carrozzina.
La soluzione è stata semplice: non un lettino, ma una croce di Sant’Andrea orizzontale e modificata appositamente per me. Quindi all’altezza giusta e con appositi fori, posizionati in corrispondenza delle parti più sensibili del suo corpo, in modo che le possa raggiungere da sotto, insinuandomi tra le strette braccia della croce.
Un progetto e un’opera realizzata in breve tempo: l’ho anche voluta dipinta di nero, in modo che spiccasse sui tappeti rossi del mio salotto. Al mio schiavo spetta l’onore di montarla, quelle volte che decido di fargli questo regalo: e lo fa con la massima attenzione, in modo che possa resistere al suo peso notevole e ai suoi movimenti, che sono spesso convulsi e improvvisi. Non è ancora uno schiavo perfetto, forse non lo sarà mai, ma va bene anche così.
Mi aiuta anche a prepararmi, a indossare il vestito di pelle nera che dedico a queste occasioni: metto anche gli stivali, ovviamente, perché una padrona è sempre una padrona, anche se non può appoggiare i piedi.
Invece sono io a preparare i miei “giochi”: per lasciargli questa sorpresa, fino all’ultimo non deve sapere in quale modo voglio disporre del suo corpo. Vedere l’attesa e, a volte, la paura nei suoi occhi è la prima sensazione di piacere per me.
Si spoglia nudo e si prepara a stendersi: gli porgo una gabbietta leggera, completamente in pelle, che dovrà indossare. E gli faccio segno di stendersi supino: per quello che ho in mente è la posizione più adatta.
Abbiamo provato insieme molte esperienze, ma ancora molte ci aspettano: si tratta solo di trovare il momento giusto. Per questa sera voglio testare la sua resistenza. Gli ho ordinato di depilarsi completamente: ceretta dall’estetista, non deve rimanere nemmeno un pelo sul suo corpo.
E lui ha obbedito, sicuramente chiedendosi il perché di questa richiesta: lo scoprirà tra poco. Per il momento mi limito a stringere con forza i lacci di cuoio intorno ai suoi polsi e alle caviglie: voglio essere sicura che possa muoversi il meno possibile, anche per la sua sicurezza.
La luce è spenta è ho lasciato solo alcune candele per illuminare: ne prendo una, di colore nero, e mi avvicino alla croce. Mi sposto in mezzo alle sue gambe tese e comincio a fare cadere qualche goccia di cera, tenendo la candela più in alto possibile: voglio solo stuzzicarlo, in attesa di quello che lo aspetta.
Poche gocce, che lo fanno solo leggermente sobbalzare, poi mi sposto, facendo attenzione a non bruciarmi con la cera bollente: per sicurezza spengo la candela e mi posiziono dietro la sua testa, in modo da poter arrivare al petto. Vedo il suo sorriso e la sua espressione felice: il leggero dolore è già diventato piacere.
Comincio con la danza della cera, tracciando elaborate decorazioni sul suo petto, variando l’altezza e la frequenza con cui fare cadere le gocce: qualche volta lo schiavo sussulta, qualche volta resta immobile, a godersi tutte le mie attenzioni.
Vado avanti ancora per qualche minuto, poi spengo la candela e mi allontano: è tempo di far ardere ancora di più il fuoco. Recupero la bottiglia con il preparato, regalo di un mio amico esperto in queste pratiche, e torno tra le gambe aperte dello schiavo, che solo in questo momento sembra accorgersi che c’è qualcosa di nuovo che lo attende. Nella posizione in cui è non riesce a vedere, nonostante cerchi di alzare il collo.
Lentamente, disegnando una linea curva sul suo addome, faccio cadere qualche goccia di liquido: è freddo, vedo la pelle e i muscoli che si contraggono. Passare dal caldo della cera al freddo è già di per sè eccitante, ma il caldo bruciante è pronto a tornare.
Chiudo il flacone e prendo dalla tasca della carrozzina un accendino: per un attimo guardo la fiamma brillare, poi l’avvicino all’addome del mio schiavo, proprio dove ho fatto iniziare la linea curva.
L’effetto è immediato, con il liquido che prende fuoco: le fiamme si spostano rapidamente lungo tutto il percorso del liquido. Dura pochi decimi di secondo, proprio come deve essere, e la mia mano aiuta la fiamma a estinguersi: ma l’effetto è proprio quello che desideravo.
Sento che urla, non so se per la sorpresa o per il dolore che ha provato: un urlo acuto, che sembra quasi quello di una donna. Mi suscita una risata, ma la trattengo: non voglio schernirlo, ma solo procurare dolore.
Prendo di nuovo il liquido, questa volta lo faccio cadere in una linea concentrica: voglio vedere il fuoco che arde, la fiamma accesa. E di nuovo lo sento urlare, per quei brevissimi istanti: per sua fortuna ha rispettato i miei ordini e si è depilato completamente, altrimenti avrebbe sofferto ancora di più.
Spengo di nuovo la fiamma e gli lascio il tempo di rilassarsi: non troppo però, non deve perdere il ritmo. E di nuovo freddo e caldo si susseguono sulla sua pelle, finché non decido che è abbastanza. Appoggio la testa sul suo addome, dove i segni del calore cominciano a farsi evidenti, e ascolto il suo respiro che lentamente si calma. Tra poco andrò ad asciugare le sue lacrime, ma prima mi godo questo momento di pace.