I turni di guardia con gli specializzandi sono tremendi, anche se accade sempre più spesso: vanno in panico, non sanno cosa fare se c’è un’emergenza e spesso dormono pesante, così devo perdere tempo per svegliarli.
Non conosco la dottoressa con cui lavorerò questa sera: so solo che è giovane, anche se ha già fatto un po’ di pratica. Meglio, non sarà un’imbranata totale: e, magari, il destino sarà clemente e non ci riserverà delle emergenze e dei problemi.
Arriva puntuale e si presenta: Giorgia, visto che qui del lei non si da più a nessuno, primario escluso. L’aggiorno sulla situazione dei pazienti: tutto tranquillo, fino a quel momento.
“Se hai bisogno di me, sono a studiare nella saletta in fondo.”
Che sarebbe anche la saletta che usiamo per riposare: sperando di riuscirci.
La prima parte della notte scorre tranquilla: quindi raggiungo la dottoressa nella saletta e la trovo davvero intenta a studiare. In effetti è carina, ci potrei fare un pensierino se non fosse troppo giovane. Il fascino del camice fa presa ancora su di me, anche se sono ormai quasi vent’anni che faccio l’infermiera.
“Dici che qualcuno si accorge se fumo?”
Giovane e già piena di vizi: le sorrido e apro la finestra. Nessuno di sicuro farà la spia, basta evitare di appiccare incendi. Non sembra avere molta più voglia di studiare, per cui provo a fare un po’ di conversazione: la notte è lunga da passare.
Mi racconta che le piace il lavoro in ospedale, ma combinare studio e corsia si mangia tutto il suo tempo.
“Non ho una vita fuori di qui: giusto il tempo di mangiare e dormire un po’. Manco di fare sesso: ormai non mi ricordo nemmeno più come si fa.”
“Quello è un problema comune: dovresti fare come fanno tutti, l’ospedale ha un sacco di stanzette che vanno bene per fare sesso.”
Esattamente come quella in cui siamo: l’importante è stare attenti, cogliere il momento giusto e non farsi beccare. Altrimenti i pettegolezzi volano alla velocità della luce.
“Personalmente preferisco quelle sposate: almeno sanno di dover essere molto discrete nelle loro scappatelle. E non ci sono mai problemi.”
Ho parlato al femminile perché tutte le persone con cui lavoro sanno che preferisco le donne agli uomini: ma la dottoressa rimane per un attimo interdetta, forse non se lo aspettava. Oppure non da ascolto ai pettegolezzi.
Rimaniamo per un po’ in silenzio, finché non si accende la luce rossa di un letto: vado a vedere, ma per fortuna non è niente di importante. Giusto una flebo da sistemare. Ritorno nella stanzetta, convinta di trovare la dottoressa che studia o dorme: invece non sta facendo nessuna delle due cose, a giudicare dai gemiti che cerca di soffocare appena apro la porta.
Probabilmente l’astinenza è dura alla sua età e i discorsi che abbiamo fatto le hanno risvegliato qualche voglia. E per stare più comoda si è sistemata su quella specie di divano scassato che ha visto passare una marea di dottori a riposare. E a fare anche altro. Diventa paonazza appena si accorge di me e leva la sua mano dai pantaloni in tutta fretta.
“Guarda che non ti devi fare problemi: è una cosa naturale e ti aiuta ad alleviare lo stress. Anche se il sesso vero sarebbe meglio.”
La mia è una battuta, ma lei non sembra averla presa in questo modo: l’imbarazzo sembra passato, ma sostituito da qualcosa di diverso. Qualcosa di malizioso che sarebbe meglio evitare: troppo giovane, troppo carina. Ma il fascino del camice, difficile sottrarsi. Anche se in quel momento la dottoressa non lo indossa.
Non fa nemmeno il gesto di allacciarsi i pantaloni: meglio, perché mi risparmia una fatica. Perché sento già che la fatica toccherà tutta a me.
Controllo che la porta sia chiusa: non vogliamo traumatizzare nessun paziente, anche se se la dormono tutti della grossa. Poi mi avvicino a lei, lentamente: non voglio spaventarla ed è meglio sempre lasciarsi una via di fuga.
Che però decisamente non mi servirà: la dottoressa è tutt’altro che spaventata, visto che mi afferra per i pantaloni della divisa appena arrivo a portata delle sue mani. Ha anche una forza sorprendente, tanto che quasi perdo l’equilibrio e le finisco addosso.
E un’agilità che non mi aspettavo: nel giro di pochi secondi ha ribaltato la nostra posizione. Mi trovo io seduta sul divano, con lei seduta addosso, che attacca le labbra al mio collo come fosse una vampira assetata di sangue.
La lascio fare per un po’, mi piace e con la bocca ci sa fare: mi chiedo se questo sarà vero anche in altre zone. Poi inizio a toccarla, infilando una mano sotto la felpa e una dentro i pantaloni: il fatto che siano ancora aperti mi permette di raggiungere velocemente il mio obiettivo. Peccato indossi l’intimo, altrimenti sono sicura che avrei trovato le prove di quanto è eccitata.
I pantaloni della divisa sono comodi per vari motivi: e il sesso occasionale è uno di questi. Sento che scioglie il nodo della cintura e che tira giù, per farli scivolare lungo le gambe. Con un po’ di fatica mi stacco dal divano e le lascio spazio, finché non li sento all’altezza delle caviglie.
La dottoressa non perde tempo e ne approfitta per tirare giù anche gli slip: niente di sexy, non indosso mai lingerie al lavoro, ma lei non sembra farci caso. È molto più interessata al contenuto.
Finalmente riesco a sfilarle la felpa, almeno per godermi lo spettacolo di quel fisico giovane: indossa solo una canotta nera, senza reggiseno, che su di lei risulta decisamente sexy. Accarezzo il seno, piccolo ma bello sodo, e i capezzoli rigidi mi confermano, se ce ne fosse bisogno, che quella situazione le piace molto.
Si allontana dal mio tocco, ma non si tratta di un ripensamento. Lo fa per inginocchiarsi davanti a me: mi squadra con un’occhiata soddisfatta, come se mi avesse portato esattamente dove voleva fin dal primo momento. Forse non è così inesperta come pensavo.
Un’ultima occhiata verso la porta, poi si inginocchia tra le mie cosce.
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