Un compleanno coi fiocchi – Racconto Gay

Per essere un diciottesimo compleanno, la festa di Luca è parecchio noiosa: aperitivo e serata in discoteca, ma davvero nessun brivido. Le ragazze sono seminude e anche ubriache, peccato che al momento mi interessino poco. Tanto ci sono un sacco di ragazzi pronti a dare loro una mano, in tutti i sensi.

Anche il festeggiato mi pare decisamente ubriaco: non ha bevuto tanto, ma direi che non regge. Peccato, perché è carino anche da ubriaco: gli anni di nuoto gli hanno scolpito un fisico niente male e sono sicuro che anche sotto gli slip si difende bene. Peccato che sia un talebano etero: nemmeno le battute e gli scherzi innocenti, come la mano sul culo, lo fanno ridere.

Mi siedo su un divanetto, perché sono già stufo di ballare: due chiacchiere con un’amica e, per fortuna, è l’ora di tornare a casa. Sogno il mio cuscino, magari dopo essermi fatto una sega per rilassarmi.

Peccato che mi tocchi portare a casa il festeggiato, con la scusa che sono di strada: spero solo non vomiti nell’auto di mia mamma, altrimenti chi la sente? Mi faccio dare una mano a caricarlo e poi parto, senza troppa fretta: mi toccherà trascinarlo fino alla porta di casa.

“Che serata del cazzo!”

Non mi ero nemmeno accorto che si fosse svegliato, ma non gli rispondo: tanto saranno le solite farneticazioni da ubriaco.

“Manco una me l’ha data! E nemmeno un pompino o una sega!”

Vorrei dirgli che era troppo ubriaco per scopare e, forse, anche per tutto il resto ma mi trattengo. Finalmente arriviamo sotto casa sua e fermo la macchina: ora devo solo capire come farlo uscire e fargli salire le scale.

“Voglio almeno un pompino! Oggi compio diciotto anni, me lo merito! Dai portami a puttane!”

Ci manca solo questo, vagare alla ricerca di una prostituta, che in strada ormai lavorano pochissimo, e dover pure contrattare e aspettare che finisca. Non se ne parla proprio.

“Ti porto a casa, a puttane ci andrai domani.”

“No, ho bisogno di godere adesso! Guarda come è duro.”

Lo vedo che armeggia con i pantaloni, senza nemmeno slacciarsi la cintura di sicurezza. Ho pietà di lui e lo libero, così riesce finalmente a tirarlo fuori dai boxer. In effetti ha una bella erezione, nonostante tutto l’alcool che ha in corpo.

“Guarda! Lo vedi come è? Non ho voglia di farmi una sega la sera del mio compleanno!”

I miei sospetti erano fondati: a un bel fisico corrisponde un bel cazzo, lungo il giusto e perfettamente dritto. Luca continua con i suoi vaneggiamenti: temo che non riuscirò a levarmelo dai piedi se non risolvo il suo problema. Decido di prendere in mano la situazione, anzi in bocca: magari sarà un modo per svoltare una serata noiosa.

“Allora vuoi un pompino? Sei proprio sicuro?”

Luca fa cenno di sì con la testa, con fin troppo entusiasmo: sembra aver capito quello che ho in mente di fare e non fa resistenza. Anzi, si sistema le mani dietro la testa e allunga le gambe, per stare più comodo.

Mi slaccio la cintura di sicurezza: per fortuna ho parcheggiato in un punto poco illuminato del cortile. A quest’ora, poi, difficile che passi qualcuno a piedi e che si possa accorgere di quello che succede. Un’ultima occhiata intorno, per evitare che ci sia qualche curioso, e mi metto all’opera.

Comincio dalla cappella: è ben proporzionata con il resto dell’arnese e bella turgida. Le passo la lingua tutto intorno, insistendo anche un po’ sul buchino. Luca comincia subito a gemere, probabilmente non è abituato a ricevere un pompino come si deve dalle ragazzine che frequenta.

Sempre con la lingua passo all’asta: liscia, a parte qualche vena in rilievo, è un vero piacere leccarla, dalla cima fino alla base. Dove trovo un po’ di pelo corto: non mi da fastidio perché è morbido, anzi, mi regala un piacevole solletico.

Ancora qualche leccata, un po’ anche alle palle, poi decido di passare a qualcosa di più interessante: e lo metto in bocca, cominciando dalla punta, per arrivare quasi a inghiottirlo tutto. 

Nel frattempo mi devo slacciare anche io i pantaloni: inutile dire che mi sta venendo duro come un sasso, non pensavo che mi capitasse la fortuna di spompinare proprio Luca e il mio uccello gradisce molto. Inizio a masturbarmi piano, non voglio rischiare di venire subito.

Rischio che corre Luca, almeno dai gemiti che sento: comincia anche ad agitarsi, nonostante i pantaloni limitino i suoi movimenti, e a cercare di spingere l’uccello verso l’alto, per entrare ancora di più nella mia bocca.

Lo lascio fare e, nello stesso tempo, rallento un po’ la velocità del pompino: voglio gustarmelo, perché non so quanto mi ricapiterà un’occasione simile. Lo succhio da cima a fondo e insisto ancora un po’ con la lingua sulla cappella. Un pompino perfetto, senza mani, anche perché una mi serve per tenere fermo Luca, l’altra per menarmelo.

Mi piacerebbe torturarlo tutta la notte, ma non abbiamo tanto tempo: prima o poi l’alcool smetterà di fare effetto e probabilmente Luca si incazzerà. Allora comincio ad andare su e giù sempre più veloce e gli lascio un po’ più di libertà di movimento.

Sento i gemiti che salgono di volume, finché rischiano di trasformarsi in urla di piacere: devo fare in fretta, prima che qualcuno ci senta nel silenzio della notte. Succhio ancora più forte e intanto aumento il ritmo anche della mia mano.

Ci siamo: me ne accorgo dall’uccello di Luca che si è fatto sempre più rigido e dal fatto che mi tiene ferma la testa con le mani. Tempo pochi secondo e sento il suo sperma caldo che mi inonda la bocca e poi la gola: non me ne faccio scappare nemmeno una goccia. E, quasi allo stesso tempo, godo nella mia mano, attento a non sporcare i sedili.

La presa sulla mia testa si allenta e riesco a rialzarmi: Luca è sprofondato in un sonno profondo, grazie ad alcool e orgasmo. Ora devo solo capire come portarlo a casa.

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