Non credevo fosse possibile provare delle sensazioni come queste: anche se in effetti il mio maestro me lo aveva promesso. E anche perché sono abituata da sempre, o quasi, a sentire ma non a vedere.
Però si tratta di sentire con le mani, non con la pelle: una sensazione completamente diversa. Sono abituata a distinguere in vari materiali, quando li tocco e quando li indosso, ma non credevo che queste sensazioni potessero diventare fonte di piacere. Un piacere del tutto nuovo, che non richiede né vista né immaginazione per essere provato.
Abbiamo parlato a lungo con il maestro, per decidere le regole di questo gioco: vuole essere sicuro della mia decisione e consapevolezza. Quindi ho dovuto quasi convincerlo: volevo provare assolutamente, riuscire ad andare oltre.
La mia idea era un po’ più spinta, lui ha proposto un passaggio che mi permetta di prendere confidenza con il mio corpo e con le sensazioni che mi potrà trasmettere quando verrà colpito. Colpito dagli oggetti e dalle mani esperte del maestro, per aumentare le sensazioni e darmi modo di entrare ancora di più in connessione con lui.
Lo ha chiamato “Gioco di assaggi”: proprio come fosse una proposta culinaria, una sorta di menù di degustazione del dolore. Il gioco consiste nel provare le sensazioni che mi possono trasmettere i suoi strumenti e capire quali approfondire.
Abbiamo stabilito le poche regole base che ci servono: il luogo, il momento e la parola chiave. Perché il controllo è mio, lo ha ribadito più volte e in ogni modo, e io posso interrompere il gioco in qualsiasi momento. Ma sono sicura che non lo farò.
La scelta è caduta su un sabato pomeriggio: in modo che io sia abbastanza riposata per concentrarmi completamente su quello che mi sarebbe successo. Ho accettato con entusiasmo e mi è venuto a prendere per portarmi nella casa in cui ha allestito il suo dungeon.
Non posso vederlo, ma mi piace cogliere i suoi profumi: quello del legno, che ha utilizzato per i lettini e per le croci, quello della pelle, con cui molti attrezzi sono costruiti, e quello delle candele. Ho già provato la sensazione di farmi bruciare dalla cera calda: è stato bellissimo e sorprendente, anche perché mi sono sentita avvolta dal calore in tutto il corpo, non solo dove cadeva la cera. Ma oggi siamo qui per qualcosa di diverso.
Mi aiuta a spogliarmi e a stendermi su uno dei lettini: per farmi stare più comoda ha coperto il legno con un morbido tessuto, probabilmente velluto. Una gentilezza che sicuramente non riserva a molte persone e che mi fa sentire già da subito coccolata. Anche se le prossime coccole saranno di sicuro molto particolari.
Io avrei voluto essere legata, lui preferisce sapermi libera: alla fine il compromesso è stato di optare per dei foulard di seta, che sostituiscono le manette. Mi danno la sensazione di essere immobilizzata, ma so che li potrei sciogliere semplicemente spostando il braccio o la gamba con un po’ più di forza.
Cominciamo: sento qualcosa che mi sfiora la pelle, dolcemente, scivolando via impalpabile. Dalle gambe passa all’addome e al seno, poi alle braccia. Per poi ripetere il percorso inverso: quando arriva ai piedi capisco che si tratta di una piuma. Il mio maestro ha voluto partire con calma, anche per rendere più leggera l’atmosfera.
Il secondo tocco è deciso e suadente, mi scivola addosso lasciandomi una strana sensazione: anche questa volta il percorso è quello che comprende tutto il corpo, che sembra accarezzato da una miriade di piccole mani. Quando il maestro torna sulle gambe, sento un rumore secco che accompagna una sensazione di leggero calore sulla coscia: sono quasi sicura che si tratti di un flogger di pelle.
Istintivamente contraggo i muscoli, ma non tiro i foulard: il dolore è stato davvero breve, come quello di una carezza più intensa. Spero davvero che il prossimo assaggio sia più forte. Il passaggio sulla pelle è simile ma diverso: un unico rettangolo di pelle, più rigida, che mi attraversa, quasi solleticandomi: quando arriva il colpo è decisamente più secco, sento il rumore dell’aria che viene tagliata dal frustino. Il dolore è breve ma più intenso: come una scossa, che dalla gamba sembra salire fino al cervello. Subito seguito dal piacere.
Il maestro mi lascia qualche minuto di tempo, prima di passare all’assaggio successivo. Questa volta si tratta di un oggetto duro e freddo, che non può adattarsi alle curve del mio corpo, si limita a percorrerle quasi in modo grossolano. Il colpo che segue è secco e molto doloroso, riesce a prendere quasi tutta la coscia. Un paddle, di legno come vuole la tradizione.
Questa volta devo stringere i denti per non lasciare uscire un urlo: non voglio che il maestro si fermi proprio adesso. Le gambe e le braccia si irrigidiscono e combatto con la tentazione di tirare i legacci, perché si potrebbero sciogliere in un attimo. Sono sicura che rimarrà un bel livido, ma non mi preoccupa: nessuno se ne accorgerà e, al limite, darò la colpa al fatto di non vedere.
So che lo spazio non è abbastanza per poter assaggiare la frusta: meglio sempre farlo all’aperto, mi ha spiegato il maestro, oppure in uno spazio completamente vuoto. Dovrò aspettare per provare questo gusto. Mi chiedo però cosa preveda il menù come prossima “portata”.
Devo attendere per un po’, ma quando lo capisco il mio corpo inizia a vibrare per l’eccitazione. Infatti questa volta sono le mani del maestro che percorrono la mia pelle, alternando carezze delicate e pressioni più decise, coprendo ogni centimetro quadrato del mio corpo.
Cerco di trattenermi, ma mi accorgo che è diventato difficile stare ferma come dovrei: ho bisogno di muovermi, vorrei che questa tortura arrivasse finalmente al cui culmine. Mi sembra di stare per impazzire quando finalmente le carezze si fermano e un colpo, secco e rapido, raggiunge la mia gamba. Mi sembra che il tempo si sia fermato e rimango senza fiato: vorrei che continuasse, ma capisco che gli assaggi sono finiti, perché sento che mi libera gambe e braccia. E mi solleva, delicatamente, verso di sè.