Mia mamma è sempre stata differente dalle mamme degli amici: nessuna di loro indossava top e minigonna che lasciavano poco all’immaginazione per andare a parlare con i professori a scuola.
E nessuna, probabilmente, si faceva toccare il culo dagli amici, o presunti tali, mentre il marito faceva finta di non vedere. Da bambino, una volta, avevo chiesto perché quell’amico di papà toccava mamma sotto la gonna, cercando di non farsi notare troppo da me.
La risposta era stata che era solo un gioco: quindi non dovevo preoccuparmi. Crescendo c’è voluto poco per capire che mia mamma era una maiala, mentre mio padre si godeva le sue belle corna.
Diceva di uscire a fare compere e tornava senza nulla. Oppure andava a cene con amiche e colleghe, e rientrava a notte fonda, sempre in disordine. Da adolescente mi davano fastidio tutti quegli uomini che le ronzavano intorno: la mia non era altro che gelosia e mi ammazzavo di seghe sognando di potermela fare anche io.
La gelosia non era mai passata, nemmeno dopo aver avuto le prime ragazze ed essermi fatto le prime scopate: anzi, tante volte, per eccitarmi mentre scopavo la ragazza di turno immaginavo che al suo posto ci fosse mia mamma, con il suo seno rotondo e le gambe belle sode.
Con il passare del tempo mi chiedevo sempre più spesso perché gli altri uomini la potessero scopare e io invece no: stava diventando una vera e propria ossessione, tanto che avevo messo in atto una strategia per raggiungere il mio obiettivo.
Avevo cominciato con i complimenti, per sollecitare la sua anima civettuola: probabilmente erano i primi che sentiva uscire dalla mia bocca, quindi ne era stata lusingata. Poi avevo iniziato con qualche toccatina, prima innocente, poi decisamente più simile a quella dei suoi “amici”.
Le prime volte forse era rimasta sorpresa, ma ero riuscito a mettere tutto come fosse uno scherzo: o, meglio, un gioco, come mi aveva detto tanti anni fa. Una sera, quando la mia mano era riuscita a insinuarsi sotto la gonna come sempre troppo corta, a palpare una coscia e tentare di risalire verso quello che sapevo essere un perizoma sottile (mia madre non aveva slip normali), mi ero sentito respingere in modo stizzito.
“Piantala stupido!”
Avevo deciso di lasciar correre per il momento: eravamo in cucina, mentre mamma preparava la cena e con mio padre nell’altra stanza. Probabilmente non le condizioni ideali. Ma non avevo perso di vista il mio obiettivo: avrei avuto la mia occasione.
Che si era presentata più presto di quanto avessi potuto prevedere: una sera ero rientrato dalla discoteca abbastanza incazzato, per aver litigato con la ragazza con cui avevo un appuntamento. Avevo parcheggiato l’auto e un’altro mezzo si era fermato vicino al portone di casa, proprio sotto un lampione: avevo potuto distinguere chiaramente mia madre, in compagnia di un uomo. E avevo visto bene che si erano baciati: ovviamente non un bacio amichevole, ma decisamente più passionale.
Avevo raggiunto mia madre proprio mentre infilava le chiavi nella toppa del portone. Aveva sobbalzato, probabilmente non si aspettava di vedermi a casa a quell’ora.
“Chi era quello?”
“Un amico.”
La solita risposta, quindi il solito amico che se l’era scopata. Non avevo detto altro e avevamo iniziato a salire le scale. Lei era davanti e potevo distinguere chiaramente quello che c’era e non c’era sotto la sua gonna cortissima.
Niente intimo, nemmeno un perizoma di quelli quasi invisibili: ma il luccichio di un liquido denso e bianco che si trovava sparso su tutta la vulva. Si era fatta sborrare addosso e ora rientrava in casa come nulla fosse. Non potevo tollerarlo.
Avevo aumentato il passo fino ad arrivare dietro e, sul primo ballatoio, le avevo infilato la mano tra le gambe, sentendo l’umido di chi era passato prima di me. Mamma si era bloccata, ma non le avevo dato modo di girarsi. Avevo infilato due dita dentro di lei, senza troppe cerimonie, e avevo iniziato a muoverle avanti e indietro: era ancora fradicia, doveva aver scopato per bene.
“Cosa fai? Smettila?”
Si lamenta, ma non mi sposta la mano e nemmeno tenta di scappare: resta lì, mentre le piego in avanti la schiena e continuo a masturbarla. Non so come faccio, ma riesco a slacciarmi la cintura e calarmi i pantaloni quanto basta perché il mio uccello spunti fuori: duro come non mai, mi fa persino male.
Mi avvicino a lei e prendo le misure: non ho tempo, devo metterlo dentro al primo colpo. Quindi sposto la mano e la cambio con la punta dell’uccello. Lei si dimena, ma continua a non scappare e non dire nulla. Lo metto dentro con un colpo secco, tanto è già completamente aperta.
Questa volta si lascia scappare un lamento: forse non si aspettava qualcosa di così grosso. Niente incertezze, comincio a scoparla in modo vigoroso, una spinta dopo l’altra, in completo silenzio.
La luce delle scale si spegne, ma nella penombra vedo che ha appoggiato le mani al muro, per non cadere dai tacchi alti. Le piace, anche se non geme, perché la figa è completamente bagnata: continuo a pompare, senza alcuna difficoltà, lo tiro fuori e lo metto dentro completamente.
Le tiro uno schiaffo sul culo: leggero, per farle capire chi è che comanda ora, e accelero ancora di più il ritmo. Finora non ho sentito rumori, ma qualcuno potrebbe accorgersi di quello che succede, meglio fare presto.
Vorrei sentirla urlare, ma dovrò tenermi la voglia: sento già le palle che si gonfiano e si tendono e lo sperma che spinge per uscire. Spingo forte e sono sicuro che la sua vagina si contrae dal piacere: lo tiro fuori appena in tempo per spruzzarle completamente il culo con lo sperma.
Una fontana, che sicuramente le ha macchiato la gonna ed è caduta a terra: domani i vicini si chiederanno cos’è quella strana macchia. Mi spremo l’uccello, per fare uscire tutto e mi tiro su i pantaloni, per ricominciare a salire le scale e andare a dormire, finalmente soddisfatto della mia mamma maiala.
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