Pessima idea quella del team building: voluta dal nuovo capo, giovane e ambizioso, ha trascinato tutto l’ufficio in un fine settimana tra i boschi. Con prove di orientamento e di sopravvivenza. Perché dormire una notte in tenda, in un sacco a pelo, per dei cittadini di mezza età rappresenta davvero una prova degna di Rambo.
Io sono finito in coppia con Luca, uno degli assunti più recenti, anche lui abbastanza giovane e rampante. E pure belloccio: tanto che diverse donne dell’ufficio, dalle più giovani alle più mature, hanno fatto di tutto per farsi notare da lui. Probabilmente se n’è scopate diverse: beato lui, io non ho più voglia di storielle da ufficio. Mi basta far sesso con mia moglie, giusto una volta alla settimana, e con la mia amica, una volta ogni tanto. Per il resto, l’interesse è poco.
La prova di orientamento è stata decisamente complessa: anche perché nessuno ha mai provato a usare una mappa e una bussola, salvo trascorsi nei boy scout. Comunque, in qualche modo siamo arrivati alla nostra meta: un campo base “diffuso”, nel senso che abbiamo piantato le tende a distanza notevole l’una dall’altra.
Dopo aver mangiato i panini che ci eravamo portati da casa ed esserci riusciti a lavare a stento nell’acqua gelida di un ruscello, persino la tenda e quello scomodo cuscino da campo sembravano un sogno. Anche se non ero abituato a dormire per terra e vestito, la fatica aveva presto preso il sopravvento.
Mi ero svegliato di colpo, nel cuore della notte: probabilmente un rumore. Forse un animale selvaggio: un lupo o, peggio, un orso che era stato attirato dai resti del fuoco. Per qualche secondo ero rimasto immobile, poi mi ero alzato di scatto, solo per trovarmi una mano sulle gambe.
“Tranquillo, probabilmente è stato solo un gufo o una civetta. Niente di pericoloso.”
Luca tiene il tono della voce basso: anche se siamo distanti, non è il caso di svegliare i colleghi, sempre che riescano a dormire. Mi rimetto giù, non del tutto convinto, ma lui non toglie le mani dalle mie gambe.
“Se davvero teso, perché non cerchi di rilassarti un po’. Secondo me un po’ di sesso ti farebbe bene.”
In effetti, sarà il bosco selvaggio, ma un po’ di voglia si è risvegliata. Peccato non poterla soddisfare. Mi stendo e incrocio le braccia dietro la testa.
“E con chi vuoi fare sesso qui? Con un orso?”
Luca ridacchia e mi preme ancora più forte la mano sulle gambe: anche con il sacco a pelo che ci separa, riesco a sentire che si sta avvicinando pericolosamente al mio uccello.
“In effetti tu sei proprio un bell’orsetto.”
Una battuta? Non me lo sembra, soprattutto per il tono malizioso della sua voce: per assurdo, mi viene in mente che non siano solo le donne che lo interessano.
“Sai che a me gli orsetti piacciono: con un po’ di pancetta, pelosi, ancora affascinanti.”
Decisamente non sta scherzando, visto che si è avvicinato: riesco a vedere il suo profilo nella luce che filtra dalla finestrella della tenda. Rimango fermo: ho sempre avuto qualche curiosità verso gli uomini, ma non l’ho mai messa in pratica. Magari questa è l’occasione buona: quello che succede in campeggio, rimane in campeggio.
“Perché non esci un po’ fuori da questo sacco a pelo?”
La voce di Luca è bassa e suadente: sento il rumore della zip del sacco a pelo che viene aperta. Seguita dal rumore della zip dei miei pantaloni, mentre la sua mano si intrufola alla ricerca del mio uccello. E lo trova subito: anche perché è diventato duro nel giro di pochi secondi, come non mi succede da tempo.
La sua mano è calda e ruvida: non morbida come quella delle donne, ma il suo tocco è deciso e sicuro. In effetti sa come si fa una sega, in pochi secondi ha trovato il ritmo giusto, mentre per le donne ci vuole più tempo. Sento la mano che va su e giù e già un po’ di liquido comincia a uscire dalla cappella: rischio di venire presto, nonostante il freddo e la situazione in cui ci troviamo.
“Il mio orsetto ha anche un bel pisello. Lo vuoi vedere il mio?”
Per non fare rumore mi limito a un cenno con la testa e Luca interrompe la sega per tirarselo fuori dai pantaloni: un attrezzo di tutto rispetto, dritto e lungo, e non posso resistere alla tentazione di toccarlo. E continuo ad accarezzarlo, proprio come farei con il mio, muovendo la mano avanti e indietro, mentre lui torna a dedicarsi al mio cazzo: questa volta con la bocca.
Il miglior pompino della mia vita, senza dubbio: prima lo lecca, poi inizia a succhiarlo, senza stringere né troppo né troppo poco. Sembra che riesca a mangiarselo, senza farmi sentire i denti. Muovo il bacino per assecondare la sua bocca: non gli prendo la testa solo perché la mia mano è impegnata a masturbarlo e non voglio smettere.
Luca succhia sempre più veloce, riempiendomi di saliva l’asta e il glande: metto la mano libera sulla bocca, perché non vorrei farmi scappare un urlo di troppo. Sento che anche il cazzo nelle mie mani si è fatto più teso: provo un tocco leggero sulle palle, per trovarle gonfie e pronte a scoppiare.
Non posso resistere per molto a quella bocca divina: il bacino si muove senza controllo e stringo ancora di più la presa sul cazzo. Non mi riesce nemmeno di avvertirlo: gli esplodo in bocca, mentre mi mordo la mano per non urlare. Sento che inghiotte tutto, senza sforzo, e mi ricordo che non è ancora venuto, quindi riprendo la mia sega, cercando di fare del mio meglio nella confusione post orgasmo.
Dopo qualche pompata sento lo sperma caldo tra le dita: Luca è ancora impegnato con il mio cazzo, sembra volerlo ripulire per bene e si lascia scappare solo un gemito. Il liquido mi cola nella mano, mentre cerco di prolungare il suo orgasmo, per ricambiarlo del piacere di un pompino perfetto.
Se ti è piaciuto questo racconto erotico, puoi leggere anche: