Lasciami scegliere – Racconto Cuckold

Fin dall’inizio questo è stato un gioco fatto per compiacere mio marito: non che io mi lamentassi di quello che accadeva, ma la fantasia, quella di guardare e di non partecipare, di essere “cornuto” e consapevole, era principalmente sua.

Per questo gli lasciavo libertà di scelta in tutti gli aspetti: chi, dove e come. Decideva anche quale abito e quale lingerie dovessi indossare. O non indossare. Poi, una sera, vedendo un servizio televisivo sui cinema porno, avevo deciso che dovevo essere io a scegliere: per una volta volevo essere regista e protagonista del mio film.

Lui non era stato contento, almeno all’inizio: soprattutto perché pensava che non sarei riuscita a curare tutti gli aspetti pratici dell’organizzazione. Per questo, dopo qualche discussione, eravamo arrivati a un giusto compromesso: io avrei deciso, lui avrebbe eseguito. Probabilmente avrebbe dovuto essere così fin dall’inizio.

La prima scelta aveva riguardato il chi: e qui mi ero imposta, pur sapendo di andare contro le sue fantasie. Per me aveva infatti sempre scelto uomini giovani e prestanti, mentre io volevo provare l’esperienza di un uomo maturo, che sapesse sedurmi con lo stile e con la mente prima che con il vigore sessuale.

Alla fine, suo malgrado, aveva accettato e mi aveva preparato una rosa di “potenziali” candidati. Scelti con cura, niente da dire: aveva rispettato le mie indicazioni. Quindi over 50 (anche un po’ di più), eleganti ed esperti. Uno in particolare aveva colpito la mia attenzione: capelli e barba grigi e curati, sembrava consapevole e orgoglioso dei suoi anni. Fisico giusto, non troppo sportivo, ed elegante nel vestire e nel porsi.

Scelto il candidato il passo successivo era quello della location: non mi andava qualcosa di banale, come il classico ristorante e motel, volevo qualcosa di davvero particolare. E qui la scelta del candidato giusto era stata utile: perché era proprietario di una boutique, in pieno centro, che vendeva i più prestigiosi marchi di vestiti.

Questa volta ero io a immaginare la trama del film in cui sarei stata coinvolta: e gli uomini sarebbero stati dei semplici comprimari, mentre tutto sarebbe dipeso da me.

Veniva poi l’ultimo punto, altrettanto delicato: il come. In un primo momento avevo pensato di chiedere a mio marito di partecipare, ma sapevo che sarei andata contro la sua natura. Però volevo che fosse comunque una parte attiva, non un semplice spettatore come troppo spesso si limitava a fare.

Su questa parte avevo mantenuto un po’ di mistero: anche se lo svolgimento era ben chiaro nella mia mente, volevo che per gli uomini tutto fosse una sorpresa. Ero io a decidere tutto, a detenere il potere.

Avevo lasciato che mio marito si occupasse degli aspetti pratici: ero sicura lo avrebbe fatto con la massima attenzione, seguendo alla lettera le mie indicazioni. Ormai sembrava avere superato le resistenze iniziali, forse curioso di capire quello che ero riuscita a escogitare.

Avevamo dovuto attendere per incastrare gli impegni di tutti: finalmente, una sera dopo l’orario di chiusura, mio marito mi faceva scendere davanti alla boutique di quello che presto sarebbe stato il mio amante per una sera.

Ero stata accolta come una cliente di riguardo, che aveva tutto il negozio a sua disposizione, e avevo cominciato subito a provare alcuni capi: ovviamente lasciando aperta la porta del camerino. Gli uomini avevano il compito di passarmi i vestiti e aiutarmi a valutare se un capo poteva essere adatto a me.

Il terzo uomo era eccitato dalla situazione, ma sapeva nasconderlo bene: era professionale nel passarmi i vestiti e nell’aiutarmi a indossarli. Mio marito stava un passo indietro, reggendo i miei abiti e guardandomi civettare.

Avevo lanciato il livello successivo di eccitazione scegliendo di indossare un vestito quasi trasparente: ovviamente levando il reggiseno, che altrimenti si sarebbe potuto vedere, e consegnandolo nelle mani di mio marito. Il terzo uomo mi aveva aiutato a sistemare il vestito, indugiando ovviamente sul seno e appoggiandosi a me per lavorare meglio: potevo sentire la sua eccitazione chiaramente sotto i pantaloni eleganti, appoggiata sulla mia coscia.

Sapeva stare al gioco, perché aveva deciso di stuzzicarmi.

“È quasi perfetto, peccato per il tanga scuro.”

Che era talmente sottile da non notarsi, ma ero stata al gioco: avevo fatto segno a mio marito di avvicinarsi, in modo da potermelo sfilare. E lui aveva obbedito, mentre io mi presentavo quasi completamente nuda davanti al mio futuro bull.

Sapevo che mio marito si sarebbe volentieri seduto, per godersi lo spettacolo, ma quella sera ero io a scegliere: quindi sarebbe stato il mio servitore, fermo in piedi, mentre scopavo davanti a lui.

Il terzo uomo continuava ad accarezzarmi con la scusa di sistemarmi il vestito: e io mi strofinavo su di lui, prima con la gamba, poi con il fianco, per fargli capire che era il momento di andare avanti.

“Bello il vestito, ma mi tiene caldo: ho bisogno di rinfrescarmi.”

Il terzo uomo mi aveva aiutato a sfilare il vestito, che avevo appoggiato sulle braccia di mio marito, e poi mi aveva ammirato mentre mi giravo davanti allo specchio, cominciando a provare un calore che derivava più dall’eccitazione che dalla temperatura.

Sentivo addosso gli sguardi degli uomini, diversi ma molto simili: ero sicura che in quello di mio marito c’era anche una punta di gelosia, per aver lasciato a me il comando. E mi eccitava ancora di più.

Dal camerino mi ero spostata verso la poltrona che si trovava nel negozio: probabilmente sistemata in modo da sfuggire a sguardi curiosi che potevano piovere dall’esterno. E avevo aperto le gambe, in modo che gli uomini potessero vedere bene la mia eccitazione.

“Avrei anche bisogno di un massaggio, mi fanno male le gambe a forza di stare in piedi.”

Il terzo uomo non si era fatto attendere: in pochi secondi era accanto a me, solerte a massaggiare i muscoli della coscia e salire sempre più su, verso il mio sesso. Mio marito fremeva, con in mano i vestiti, senza potersi muovere come avrebbe voluto.

Avevo preso la testa dell’uomo tra le mani, in modo deciso.

“Perché non mi rinfreschi un po’ con la tua lingua?”

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