L’attività di dominazione femminile, comunemente associata alla figura della Mistress, può essere inquadrata in Italia come una libera professione non regolamentata, esercitabile nel pieno rispetto della legge.
Questo articolo ha l’obiettivo di fornire una panoramica chiara e aggiornata sugli aspetti fiscali e previdenziali legati a questa attività, affrontando temi come l’apertura della partita IVA, la scelta del codice ATECO, il regime forfettario, l’obbligo di fatturazione e il versamento dei contributi INPS.
Si tratta di informazioni utili per chi desidera regolarizzare la propria posizione e gestire la propria attività in modo trasparente e conforme alla normativa italiana.
Disclaimer: Le informazioni giuridico-fiscali qui riportate non costituiscono consulenza professionale e potrebbero variare in base alla situazione individuale, all’evoluzione normativa o all’interpretazione degli enti preposti.
Sì, in Italia l’attività di dominazione femminile in ambito BDSM è considerata legale, a condizione che non implichi atti sessuali a pagamento, i quali rientrerebbero invece nell’ambito della prostituzione, regolata dalla Legge Merlin (L. 75/1958).
La figura della Mistress, intesa come professionista che conduce sessioni BDSM consensuali, può essere pienamente compatibile con il diritto italiano, purché l’attività sia svolta in modo lecito, trasparente e nel rispetto dei limiti stabiliti dal codice penale.
Se esercitata con carattere di abitualità, continuità e organizzazione, l’attività può rientrare a tutti gli effetti nel novero delle libere professioni non regolamentate, analogamente ad altri servizi alla persona (come coaching, counseling o discipline olistiche). In questo caso, è necessario adempiere agli obblighi fiscali e contributivi previsti per i lavoratori autonomi, come l’apertura della partita IVA.
È inoltre possibile utilizzare location private o professionali (come dungeon attrezzati o studi dedicati), a patto che vengano rispettate tutte le normative igienico-sanitarie, di sicurezza applicabili.
In sintesi, ciò che rende lecita l’attività di una Mistress non è solo l’assenza di atti sessuali, ma soprattutto il rispetto delle regole sul consenso, sulla trasparenza nei compensi, e sull’inquadramento fiscale dell’attività svolta.
Chiunque svolga questa attività in modo continuativo e abituale – a prescindere dall’introito realizzato – è tenuto a regolarizzare la propria posizione fiscale. Secondo l’Agenzia delle Entrate, chi esercita un’attività professionale con continuità è obbligato a:
Il codice ATECO più adatto per l’attività di mistress potrebbe rientrare nella categoria “96.09.09 – Altre attività di servizi alla persona n.c.a.”.
Per chi guadagna fino a 85.000 euro annui, è possibile aderire al regime forfettario, che offre vantaggi fiscali significativi:
Lo svantaggio principale del regime forfettario è che non consente di dedurre i costi reali, ma applica una quota fissa di spese presunte (nel caso della Mistress, il 33%).
Questo significa che, se le spese effettive — come viaggi, pubblicazione di annunci BDSM online o commissioni bancarie — superano il 33% dei compensi, si finisce per pagare imposte anche su una parte di reddito che in realtà non è mai stata incassata, con un aggravio fiscale potenzialmente rilevante.
Se una Mistress incassa (ad esempio) 80.000 euro annui, il reddito imponibile sarà:
A queste imposte vanno aggiunti i contributi INPS.
Le Mistress rientrano nella Gestione Separata INPS, con un’aliquota contributiva del 26,23% sul reddito imponibile. Quindi, nel caso sopra:
Questo vuol dire che su un incasso ipotetico di 80’000€ la pressione fiscale per una Mistress si aggira sul 27% con il regime forfettario. Calcolare quanto guadagna una Mistress per ciascuna fascia di reddito è dunque molto facile se si applica il regime forfettario.
Compensi percepiti nell’anno (ipotesi) | 80.000€ |
Coefficiente di redditività | 67% |
Reddito Imponibile Lordo | 53.600€ |
Imposta Sostitutiva (15%) | 8.040€ |
Contributi Previdenziali (26.23%) | 14.059€ |
Reddito Netto | 57.901€ (4.825€ al mese) |
Se l’attività è regolare, ogni sessione deve essere documentata con fattura o ricevuta fiscale, oppure con uno scontrino elettronico, se si dispone di un registratore di cassa.
Nel regime forfettario, non essendo soggetti a IVA, sulla fattura va indicata la dicitura “Operazione effettuata ai sensi dell’art. 1, commi 54-89, della L. 190/2014 – Regime Forfettario”.
Se l’attività viene svolta in modo saltuario e occasionale, può rientrare nei redditi da lavoro autonomo occasionale, con ritenuta d’acconto del 20%. Tuttavia, se la Mistress opera in modo continuativo e abituale (a prescindere dal fatturato), è obbligatorio aprire partita IVA e versare contributi all’INPS.
Molte Mistress accettano sia pagamenti in contanti sia pagamenti elettronici, come bonifici o carte prepagate. Tuttavia, trattandosi spesso di un servizio discreto, alcuni preferiscono il contante per questioni di privacy. Le professioniste con partita IVA possono emettere fattura per pagamenti tracciabili.
Sì, alcune Mistress che operano in studi specializzati o in eventi BDSM ufficiali possono avere un contratto di collaborazione o lavorare come libere professioniste con regolare partita IVA. Tuttavia, la maggior parte lavora come autonoma, senza vincoli contrattuali.
Sì, se l’attività è svolta con continuità, le Mistress devono dichiarare i redditi e pagare le imposte. Nel regime forfettario, per esempio, si paga un’imposta sostitutiva del 15% e i contributi INPS sulla parte imponibile del reddito. Se invece l’attività è occasionale, il compenso viene tassato con una ritenuta d’acconto del 20%.
Se una Mistress esercita l’attività senza dichiarare i guadagni, rischia accertamenti fiscali, multe per evasione fiscale e, nel caso di cifre (davvero) importanti, sanzioni penalmente rilevanti. L’Agenzia delle Entrate può risalire ai redditi non dichiarati analizzando transazioni bancarie (anche dei conti correnti esteri in virtù del CRS), pagamenti elettronici o segnalazioni di clienti.
L’attività di dominazione femminile, se svolta nel rispetto del consenso e delle leggi italiane, può rientrare a tutti gli effetti nel quadro delle professioni non regolamentate, e come tale richiede una gestione fiscale e previdenziale adeguata.
Dalla scelta del codice ATECO più idoneo, all’adesione a un regime fiscale come il forfettario, fino all’obbligo di emettere fatture o ricevute e versare i contributi INPS, ogni aspetto deve essere pianificato con attenzione per evitare sanzioni o irregolarità.
Sebbene l’attività possa generare entrate interessanti, è fondamentale inquadrare correttamente il proprio lavoro dal punto di vista giuridico e fiscale, trattandolo con la stessa serietà riservata a qualsiasi altra libera professione.
Si consiglia vivamente di rivolgersi a un commercialista esperto per valutare la propria situazione specifica e ricevere indicazioni aggiornate e conformi alla normativa in vigore.